lunedì 6 dicembre 2010

TORINO BENE COMUNE

Finalmente è disponibile una piattaforma dove poter lasciare commenti e pensieri sulla città che vogliamo.
Una wikipedia per scrivere il programma della sinistra torinese in vista del prossimo appuntamento elettorale. Una piattaforma, sotto il cappello «Torino bene comune», con cinque priorità, per permettere a tutti di aggiungere idee e proposte a getto continuo, al di fuori dei convegni o dei comitati fatti ad uso e consumo dei partiti e dei ceti politici.

Torinobenecomune.it è uno strumento che non ha copyright. E' un modo per disegnare insieme della città che vogliamo, per portare la discussione sul candidato sindaco e sul programma al di fuori dalle segreterie e dalle pagine dei giornali.

E’ importante che la sinistra torinese rivendichi quanto di buono fatto in questi anni dall’amministrazione di centrosinistra, ma anche che sappia rilanciare un’azione amministrativa capace di coniugare passione e responsabilità, giustizia sociale ed inclusione, difesa dell’ambiente e sviluppo, laicità e diritti.

Una forte apertura alla partecipazione ed al coinvolgimento delle persone è necessaria come l’ossigeno, per superare il senso di isolamento che paralizza la politica, anche a sinistra.


Partecipate e lasciate un commento.

http://torinobenecomune.it/?Name=Value

Con Affetto
Monica

lunedì 29 novembre 2010

Elenco delle cose di cui siamo fatti... noi Italiani

Elenco delle cose di cui siamo fatti ... da Vieni via con me 29Nov10



QUI IL VIDEO:

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-f12fd94f-3171-487d-9eb8-d6817b3b8332.html#p=0

1. La lettera 22 di Indro Montanelli
2. La chitarra di Fabrizio De Andrè
3. Il cestino di piazza della Loggia a Brescia
4. Il megafono di Federico Fellini
5. La pipa di Luciano Lama
6. La borsa di Massimo D’Antona
7. La 500 di Luigi Calabresi
8. Gli occhiali spessi di Vittorio Foa
9. Il camice di Umberto Veronesi
10. L’ orologio della stazione di Bologna
11. Il microfono di Luigi Tenco
12. Il sorriso di Enrico Berlinguer
13. Gli scarpini di Roberto Baggio
14. La tonaca di don Lorenzo Milani
15. La bicicletta di Marco Biagi
16. La barba di Tiziano Terzani
17. Gli occhiali scuri di Pier Paolo Pasolini
18. L’aereo di Ustica
19. La spilla di Rita Levi Montalcini
20. Gli occhialini tondi di Alcide De Gasperi
21. La coppa del mondo del 1982
22. La costituzione italiana
23. Il ciak di Sergio Leone
24. Il pianoforte di Maurizio Pollini
25. Il taccuino di Ilaria Alpi
26. Il cappello di Luciano Pavarotti
27. Le pipe di Sandro Pertini e Enzo Bearzot
28. Le mani di Walter Bonatti
29. La Roma di Anna Magnani
30. L’Alfa Romeo di Tazio Nuvolari
31. Le mani di Eugenio Montale
32. La borraccia di Coppi e Bartali
33. Lo sguardo di Marcello Mastroianni
34. La sigaretta Alda Merini
35. Il papillon di Luigi Pirandello
36. La luna di Papa Giovanni
37. Gli occhi di Sofia Loren
38. La bombetta di Totò
39. La fascia di Anna Maria Ortese
40. Le rughe di Italo Calvino
41. I macaroni di Alberto Sordi
42. Gli occhiali di Enzo Ferrari
43. Il caffè di Eduardo De Filippo
44. Le sopraciglia di Alberto Moravia
45. La malinconia di Aldo Moro
46. La grazia di Roberto Benigni
47. La voce di Vittorio De Sica
48. La mehari di Giancarlo Siani
49. Il dolore di Primo Levi
50. La sciarpa di Walter Tobagi

giovedì 25 novembre 2010

Appello "Ripartiamo da noi"


A Torino, si dice, è finito un ciclo. Politico, sociale, economico. Gli anni ’90 hanno affrontato la sfida di una città in declino industriale, attraversata da giganteschi vuoti urbani lasciati dalla scomparsa di quelle fabbriche che avevano segnato la storia industriale del ‘900 italiano.
Allora la crisi della città fordista avveniva in concomitanza della crisi più difficile del sistema politico nazionale.
Il cambio di passo è stato dovuto, anche, alla capacità della classe politica locale di interpretarla e cambiando e coinvolgendo forme inedite di partecipazione politica.
Torino è stata una città che in questi 18 anni si è ripensata nello scenario italiano ed europeo. La classe dirigente – politica, culturale, imprenditoriale e sociale – ha saputo interpretare questa sfida mettendo in campo strumenti e iniziative: il nuovo piano regolatore, la trasformazione urbanistica, l’investimento nella modernizzazione del lavoro e dei servizi, gli appuntamenti internazionali come le Olimpiadi Invernali del 2006, la riqualificazione delle periferie e dei quartieri popolari, la mobilità sostenibile, la qualità dei servizi educativi e culturali, il rigore di bilancio.
Torino è cambiata perché ha saputo investire nell’hardware, nel suo patrimonio sociale e culturale, nella trasformazione, nella scommessa collettiva, nei processi di coesione sociale e cittadinanza attiva.
Si poteva fare di più, si poteva fare meglio: a nessuno sfugge però che la qualità delle politiche pubbliche ha comunque segnato una strada di cui essere orgogliosi e consapevoli. Il pragmatismo, la ricerca di soluzioni, l’efficienza amministrativa, il caparbio lavoro di tutti hanno avuto due interpreti formidabili: Valentino Castellani prima e, dal 2001, Sergio Chiamparino, che ha saputo coniugare carisma personale e concretezza amministrativa.
Oggi è finito un ciclo: aumentano i bisogni della città, sociali ed economici, si fanno più complesse e più frammentate le istanze collettive e diminuiscono le risorse. Gli investimenti nazionali ed europei per le grandi trasformazioni sono pressoché esauriti. I processi produttivi e lo scenario globale pesano e lasciano a terra lavoratori, famiglie, giovani, anziani.
Non c’è un “punto zero” da cui ripartire: questo scenario ha già pesantemente influenzato gli ultimi anni di amministrazione, durante i quali si sono fatte scelte “socialmente sostenibili” nell’individuare le risorse e il ripensamento di servizi e progetti. Si è scelto di mantenere alto il livello del Welfare e dei servizi, a fronte di una diminuzione dell’attenzione e degli investimenti nazionali.
Ci si è inventati strumenti amministrativi, politiche pubbliche innovative, modalità inedite di relazione con i territori, con il Terzo settore, con le forze economiche e produttive della città.
Si è cercato di tenere insieme la città, di prevenire i conflitti e i problemi, di accompagnare la trasformazione e il cambiamento.
Si è provato a tenere insieme i bi-sogni, i sogni,le ansie, la precarietà che sono lo sfondo dello scenario globale ed entrano nelle case delle persone, nelle loro relazioni, nei loro progetti di futuro.
Questo è stato possibile perché Torino ha un capitale sociale straordinario fatto di cittadini, di forze organizzate, di pensiero collettivo, di luoghi di discussione e di riflessione.
E’ stato possibile anche perché ci sono state persone, uomini e donne, che si sono messe in gioco: amministratori pubblici, nella Giunta e in Consiglio Comunale, nelle Circoscrizioni e nei Quartieri.
Una generazione di “artigiani” della politica che hanno cercato, con onestà innanzitutto intellettuale, di fare il loro meglio e di contribuire al benessere collettivo. Una generazione di amministratori che, vivendo le urgenze del proprio tempo, si è messa in gioco per traghettare la città verso nuovi scenari.
Oggi è indispensabile rilanciare il progetto di Torino per i prossimi decenni.
A nessuno sfugge l’urgenza di guardare lungo e di agire corto, di avere visioni di futuro e la pragmaticità di fare i conti con le risorse.
Quello che Torino si merita è ripartire anche da qui, valorizzando l’immenso patrimonio di buone pratiche amministrative e politiche, di innovazione e di contributi che costituiscono quello che in giro per l’Italia chiamano “il modello Torino” e che, con understandement sabaudo, qui chiamiamo “abbiamo fatto solo il nostro dovere”-

domenica 14 febbraio 2010

Rinnovare i leaders

Condivido con voi questo articolo di Luigi Zingales su L'Espresso perchè, secondo me, è assolutamente contiguo al mio post sui figli della politica. Da una parte i politici al potere che non mollano mai perchè "il potere logora chi non ce l'ha" e dall'altra la cooptazione corporativa perchè il potere resti sempre nelle stesse "casate"... buona lettura

A presto
Monica

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/rinnovare-i-leader/2120126/18

mercoledì 10 febbraio 2010

I FIGLI DELLA POLITICA

Il Blog è rimasto fermo per lungo tempo. Mi scuso di ciò.
Oggi avevo davvero bisogno di confrontarmi con voi su questo tema. Della serie: quando è troppo è troppo!

Dopo il tentativo fallito di lotta al corporativismo delle professioni dell’avvocatura, della notarile e di altre. Dopo figli d’arte senza talento sopportati da colleghi e fruitori di spettacoli, senza poter incidere e cambiare qualcosa (salvo per i lavoratori del campo di cambiare compagnia e per i fruitori cambiare spettacolo), oggi assistiamo non alla semplice (vecchia, conosciuta, e già più volte messa in discussione) cooptazione di giovani e non nelle file della classe dirigente politica, che spesso ha prodotto una massa di “yesmen” e donne acquiescienti che avessero alle spalle l’uomo di potere di turno, ma siamo di fronte ad un uso personalistico, corporativo, privato delle organizzazioni politiche e suoi derivati (i partiti, ma anche le liste e gli accordi elettorali temporanei) come ufficio di collocamento dei propri figli.
Ecco un breve elenco (non esaustivo e mi scuserete per non essere precisa in merito, ma è per rendere l’idea):
Barbara Pizzale: figlia del consigliere regionale uscende dei Moderati in Regione Piemonte, inserita nel listino di maggioranza della coalizione di centrosinistra (in caso di vittoria, la sig.na diventerà consigliera a 9 mila euro al mese circa, senza passare dalla competizione elettorale, come gli altri del listino, ma senza aver altro merito che essere “la figlia di”);
Federica Scanderebech: in questo caso l’inserimento nel listino in Piemonte è saltato. Lei aveva, certo, partecipato alla competizione elettorale per il Comune di Torino, ma ottenendo preferenze senza dubbio solo grazie ai voti del padre ( in politica da molti anni);
Giovanni Porcino: il padre parlamentare IDV (dopo un rapido passaggio tattico in Comune di Torino da Ulivo, PD, Partecipazione Democratica, è entrato in IDV giusto in tempo per le elezioni politiche del 2008), sembra non aver ottenuto il posto nel listino sicuro per il figlio e quindi dovrà preoccuparsi di raccogliere preferenze per la Regione, sempre tramite il proprio nome…
Renzo Bossi: candidato al consiglio regionale in Lombardia, con il solo merito di essere “il figlio di” e il demerito, se posso, di averci messo 3 anni per passare la maturità alle scuole superiori (immagino strappata per disperazione) ed un curriculum fatto di esperienza di vita familiare leghista e una pseudo consulenza da 12 mila euro al mese al Parlamento Europeo;
Questi alcuni casi, ma ce ne sono molti altri e un po’ ovunque.
Qualcuno mi dirà, ma la politica è così. Lo scopri adesso? No certo, immaginavo compromessi e maneggi che a volte stanno nell’area grigia del malcostume che poi ognuno decide se deplorare, accettare passivamente o far suo.
Ciò che rende frustrante è la logica che guida tutto ciò: è il nome altisonante o comunque noto agli elettori, in luogo della scelta democraticamente aperta e intellettualmente onesta che premi competenze, capacità e passione. Certo i giovani vanno sostenuti e guidati, ma è possibile che siano sempre tutti FIGLI D’ARTE?
E che dire di mogli o compagne messe nelle liste o alla guida di istituzioni con la stessa logica? Sig.ra Mastella su tutte.
E non tocco il discorso delle posizioni di sottogoverno, da staffista o dipendente di gruppi consiliari o parlamentari…. perché si aprirebbe un mondo di cooptazione e corporativismo….
Invece a noi, comuni mortali, si dice poi di essere provinciali e bamboccioni se non si esce di casa entro i 20 anni, se non si fanno master all’estero, non si conosce l’inglese come la propria lingua e non si studiano indiano o cinese (in quanto il mondo va in quella direzione) per essere davvero competitivi… per poi tornare a casa e fare il precario per alcuni anni, guardando storditi e spalorditi l’ascesa della propria classe dirigente del Paese a spese del contribuente (di cui noi non facciamo parte, anche quando le competenze e le esperienze sopra descritte sono presenti, mentre l’incompentenza e l’impresentabilità degli altri figli d’arte è altrettanto evidente).
Non significa che mogli/mariti/figli d’arte non possano seguire le orme dei familiari, ma dovrebbe esistere un codice etico di condotta, come nelle aziende serie dove i direttori non possono assumere figli e/o coniuge onde evitare CONFLITTO DI INTERESSI! Anche se parliamo di Paese che, giustamente, non può essere gestito come un’azienda, ci sono sempre di mezzo i soldi dei contribuenti e a maggior ragione il comportamento moralmente trasparente dovrebbe essere d’obbligo. Forse questo spingerebbe i vecchi della politica ad uscire un po’ prima che non a 70/80 anni, per lasciare spazio, se del caso, anche ai familiari che hanno fatto un percorso di competenza e partecipazione, ma soprattutto ci permetterebbe di arrivare al tanto sventolato ricambio della classe dirigente, senza per questo dover mantere i VERI BAMBOCCIONI DEL PAESE, ma facendo andare avanti chi ha le potenzialità, le competenze e un codice etico degno di un Stato Democratico, Civile e Moderno.

Cosa ne pensate?
Monica